Una delle mie più grandi preoccupazioni qui, é capire se sono diventato come loro. Certe volte rimango veramente “affascinato” dallo stile israeliano. Nei momenti di rilassatezza mentale, girando lo sguardo a destra e a sinistra, osservo le persone. Oddio, persone, é un termine abbastanza improprio, ma facciamo finta che sia veramente cosi. Osservo le “persone”. La rilassatezza, come la definisco io, é quel momento in cui fisicamente non stai facendo veramente niente. Seduto ad un caffé, in autobus mentre ti godi il Gran Premio mattutino, cercando di rimanere ancorato, o veramente qualunque altro momento in cui la più grande fatica é quella spostare le pupille a destra ed a sinistra, e se proprio in grande rilassatezza, accompagnando le pupille, con lo spostamento della testa.
Ora vi chiederete quali possono essere questi comportamenti. Ecco, ora mi risulta difficile dirlo, perché magari adesso, dopo tre anni, faccio parte di loro. Sono stato risucchiato nel loro modus vivendi. Non so, potrebbe essere magari, a pensarci, quelle volte che non trovi più necessario lasciare il passo ad una “signora”, o comunque donna per salire o scendere le scale mobili, piuttosto che entrare in ascensore. Dopo averlo fatto diverse volte, e dopo non aver ricevuto neanche un semplice grazie, ti dici, “e per quale motivo la devo lasciar passare ?”. Per fare il gentleman ? ….machissenefrega di fare il gentleman.
Ho paura. Ho veramente paura, tutte quelle volte che prendo un aereo e vado fuori Israele, di comportarmi come un israeliano. Questo non deve accadere, perché ancora rispetto le persone (all’estero). Vero anche che, in questa modalità “buzzurro”, delle volte si ottengono parecchie più cose, ma definirei questa modalità, estrema.
Una delle cose più divertenti é quando le scuole sono chiuse. Io, purtroppo, ho la fortuna/sfortuna di lavorare sopra un shopping mall, quindi, per pranzo, per un caffé, per distrarmi, mi basta prendere un ascensore, scendere 30 piani, e sono arrivato nel centro commerciale. Nei momenti in cui le scuole sono chiuse, o magari é piena estate e la temperatura esterna é di 50 gradi, il primo rifugio é il centro commerciale. Le mamme portano i marmocchi, a pranzo al centro commerciale, dove sono disponibili aree di gioco e ristoro per “bambini”. La mamma, più che accompagnare la propria “bestia”, l’abbandona e l’essere immondo, ovviamente si comporta non degnamente da essere umano. Le madri, da canto loro, si siedono tra di loro, lontane qualche kilometro a sorseggiarsi una bibita fresca, lasciando che i loro marmocchi distruggono e infastidiscono le persone come me.
Eh si, perché anche andare a pranzo, é un cinema. L’israeliano non rispetta la fila in alcun modo. Nel food court, nel shopping mall, aldilà delle migliaia di persone che lavorano nelle torri, si uniscono anche i soldati della base militare di fronte. Quindi immaginatevi quelle situazioni estreme di, scuole chiuse, estate, ora di pranzo, i più fortunati sono i soldati perché arrivano armati.
In Israele mangiare é un culto. Forse, più che un culto é una necessità. Forse, più che una necessità, é un hobby, perché si mangia a qualunque ora del giorno e della notte.
Ma torniamo al nostro pranzo, magari in una giornata pseudo normale. Ecco, i colleghi, alcuni, scendono a pranzo a mezzogiorno. Alcuni anche alle 11.45, e quindi quando mi invitano ad unirmi chiedo sempre se é per colazione o per pranzo. Diciamo che l’errore é quello di scendere tra le 13 e le 13.30, nelle giornate in cui i bambini sono a scuola, e le rispettive madri, nelle loro cucine. Il food court delle Azrieli, per chi non é stato (praticamente quasi tutti i miei lettori), sono praticamente due piani circolari con spazi di ristoro di qualunque tipo. Dal sushi a Mc Donalds, da piatti israeliani a pizza, da caffé a paninoteche in genere. La scelta non stà alla pietanza che vuoi mangiare, ma semplicemente a capire dove c’é meno “fila”. Definirla “fila” mi sembra alquanto inappropriato, proprio perché l’israeliano/a, ha serie difficoltà a stare dietro ad una linea retta, deve sempre cercare di superare quello davanti, ed essere servito prima. Oppure, bisogna stare attenti a quelli che si inseriscono a fila iniziata, simulando il saluto con colleghi già in coda. Insomma, é abbastanza divertente. I primi tempi ti comporti educatamente, e chiudi un occhio, ma molto velocemente diventi come loro. Non solo gli impedisci di entrare a fila iniziata, ma entri anche tu in file già cominciate, con grande nonchalance, magari simulando una telefonata in italiano con qualcuno.
Identificato cosa mangiare, fatta la fila, ordinato e ritirato, é tempo di affrontare tutti quelli che ti vengono incontro. Ho notato che gli israeliani hanno serie difficoltà a spostarsi quando vedono qualcuno di fronte a loro. Va bene, la prima volta mi spostavo. La seconda pure. La terza ho cominciato ad andare addosso io, e cosi, come niente, andando deciso, sparato, come il Mar Rosso, gli israeliani si aprono, quasi cendendoti il passo. Ma le spallate, le manate, tempi addietro, non sono mai mancate.
Terminato l’approvvigionamento, solitamente si decide di mangiare in caffetteria in ufficio. Per la cronaca abbiamo uno spazio discretamente grande, organizzato, dove possiamo mangiare sicuramente con maggiore tranquillità rispetto a quello che succede giù.
Il problema é sempre quello di entrare in ascensore. Si ripete la guerra mattutina per entrarci. Le donne e gli uomini sono esattamente la stessa cosa. Nemici. Lo scopo é entrare per primo, schiacciare il bottone del tuo piano, e subito dopo il “chiudi porta”. Un bottone fantastico. Praticamente quello che chiude in faccia a quello dietro le porte dell’ascensore. Lo schiacci quando entri, non guardi chi hai dietro, perché tu in quel momento sei un israeliano. Te ne devi fregare dell’educazione, e quindi schiacci, col dito ancora sopra, quasi a sfondare il quadro con tutti i bottoni.
Le porte iniziano a chiudersi, e finalmente si torna in quello che rispetto a giù, é il paradiso
Lascia un commento